Guido Orefice è un giovane uomo ebreo che si reca ad Arezzo con l'amico Ferruccio. Durante il tragitto Guido incontra casualmente una giovane maestra di nome Dora che subito soprannomina principessa.
Arrivato in città, è ospite dello zio Eliseo, possessore dell'albergo più lussuoso della città, il Grand Hotel, dove Guido si mette a lavorare come cameriere. Quello stesso giorno, in municipio, avviene un litigio con Rodolfo, arrogante fascista militante, in seguito al quale entrambi si soprannominano lo scemo delle uova perché Guido involontariamente appoggia alcune uova nel cappello del gerarca e, quando Rodolfo lo indossa, gli si rompono sulla testa.
Un giorno Guido, incontrando nuovamente Dora, scopre che lei è fidanzata con Rodolfo. Intanto, all'hotel, fa anche amicizia con un medico tedesco appassionato, come Guido, di indovinelli e calembour. Saputo che un ispettore scolastico dorme nell'hotel, e che costui è convocato il giorno dopo in una scuola elementare per una lezione antropologica a favore della razza ariana, trova uno stratagemma per sostituirsi a costui, pur di incontrare Dora che insegna nella stessa scuola. Il vero ispettore poi arriva quando già la lezione ha ormai ridicolizzato l'obiettivo iniziale, ma Guido, portato via con la forza, ha comunque raggiunto il suo scopo. Una sera Dora, con i suoi amici, va a teatro, Guido la segue e, con un altro stratagemma, la porta via a Rodolfo. I due quella sera parlano a lungo e Guido le confessa infine il proprio amore per lei.
Qualche sera dopo, proprio al Grand Hotel, Rodolfo è in procinto di festeggiare il fidanzamento ufficiale con Dora, la quale mai è stata veramente innamorata. Dora quindi decide di contraccambiare i sentimenti di Guido e, al termine della serata, va via con lui, che entra nel ristorante su un cavallo bianco, incurante che sul dorso dell'animale avessero scritto "cavallo ebreo" (è già iniziata infatti la discriminazione razziale). A Rodolfo non rimane che incappare nell'ennesimo uovo, stavolta un grande uovo di struzzo che rovina sulla sua testa.
Guido e Dora si sposano e dal loro amore nasce Giosuè.
Sei anni dopo la famiglia è ancora felice, Guido ha aperto una libreria, ma, proprio il giorno del compleanno di suo figlio, i due, insieme allo zio Guido vengono deportati in un campo di sterminio insieme ad altri concittadini ebrei. Dora, giunta a casa e trovati i segni della colluttazione, arriva in tempo alla stazione per chiedere ai soldati di guardia di salire volontariamente: incontrerà di sfuggita suo marito soltanto in una occasione all'arrivo al lager.
Pur di proteggere Giosuè dagli orrori della realtà, Guido sin dall'inizio del tragico viaggio in treno, racconta a Giosuè che stanno partecipando a un gioco a premi, in cui si dovranno affrontare numerose prove per vincere un carro armato vero. Si spaccia anche come interprete del comandante tedesco, per "tradurre" le regole del lager, imposte ai prigionieri, in un emozionante gioco. Col passare dei giorni Giosuè entra attivamente nel vivo del "gioco", tra le cui "regole" c'era quella di rimanere nascosti nella camera riservata a suo padre e ad altri prigionieri, per evitare che, una volta trovato, fosse destinato alla camera a gas.
Durante una visita medica, Guido incontra nuovamente il medico tedesco del Grand Hotel che gli offre di servire ai tavoli di una cena degli ufficiali tedeschi. Guido si illude che il medico voglia mettere una buona parola per lui e per sua moglie, e riesce anche a far partecipare suo figlio, per sfamarlo dignitosamente, confuso tra gli altri figli di ufficiali nel tavolo a loro riservato. Grande sarà la sua delusione quando, quella stessa sera, il dottore lo chiamerà a sè soltanto per sottoporgli un indovinello a cui non trovava soluzione e per il quale era disperatissimo. Una notte, all'improvviso, i soldati tedeschi abbandonano freneticamente il campo dopo aver fatto strage dei deportati rimasti. Guido riesce a nascondere Giosuè in una cabina dicendogli di giocare a nascondino e promettendogli di ritornare; purtroppo, mentre è alla ricerca della moglie, mascherato da donna, viene scoperto e ucciso. Le scene finali del film mostrano come al mattino seguente il lager venga liberato. Giosuè esce dalla cabina in cui era stato tutta la notte nascosto in silenzio ed è infine salvato da un soldato americano, che lo fa salire su un carro armato mentre, convinto di aver vinto il premio finale, grida: È vero!
Il film si conclude quando Giosuè, accompagnato in spalla dal soldato che lo ha trovato, riconosce la madre, che cammina nel gruppo di prigioniere liberate, mentre la voce narrante in sottofondo termina dicendo: Questa è la mia storia, questo è il sacrificio che mio padre ha fatto, questo è stato il suo regalo per me.